“Oggi ho fatto di nuovo un bagno in mare dopo trentasei anni! L’ultimo lo avevo fatto quando ero quattordicenne, poi, crescendo, mio padre non aveva più la forza di portarmi in acqua”.

“In acqua mi sento leggero, in mare la disabilità non esiste più”.

Basterebbero queste due frasi (raccolte tra i pareri dei settecento ospiti con disabilità che, ad oggi, hanno frequentato gratuitamente «La Terrazza “Tutti al mare!”» insieme ai propri cari) a spiegare il valore di un bagno in mare.

Un valore dimenticato, potremmo dire, dalla maggior parte di noi che lo considera un gesto “ovvio” dell’estate. Un’esperienza banalizzata dal turismo di massa, che però è vissuta come un lusso irraggiungibile per chi, con la propria sedia su ruote, non ha la possibilità di percorrere la spiaggia ed immergersi o necessita di ausili e assistenza per entrare in acqua.

Un bagno in mare. A che serve? Forse non “serve” a nulla. È pura percezione. È un’esperienza che unisce il contatto fisico con l’elemento primordiale dell’acqua a uno stato emotivo di sospensione. Un’esperienza che non deve per forza connotarsi come un esercizio intenzionale (nuotare, tuffarsi…) o riabilitativo.

Quando sono in mare non sto solo facendo un (pure fondamentale) esercizio fisico, non devo per forza nuotare o fare terapia. Posso anche non fare nulla, semplicemente oziare, cullato dalle onde, sentendo in lontananza le hit estive trasmesse dal lido accanto o chiacchierando con un amico del più e del meno. Posso concentrarmi sul suono delle onde, più o meno forti e sulla loro energia che sollecita il corpo in ogni punto di contatto. Posso sentire il profumo dell’acqua, il gusto della salsedine. Scegliere tra il blu del cielo sopra di me e quello del mare sotto di me. Ed io, al centro di questo blu.

Salute è anche questo. Non è solo funzionalità fisica, ma anche il puro piacere “immediato” di un’esperienza avvolgente.

Un giorno, un gruppo di ricercatori universitari forse riuscirà a dimostrare oggettivamente l’utilità di un bagno in mare. Intanto, noi l’esperimento lo abbiamo già condotto ampiamente e ne vediamo ogni estate i risultati.

“Con la SLA, senti il tuo corpo come una pietra. Quando sei in mare, cullato dalle onde, torni a sentirti leggero e ti sembra quasi di vedere quella stronza che rosica sul bagnasciuga, perché qui non può raggiungerti” (Gaetano Fuso).