La nostra spiaggia, prima di nascere, non era una spiaggia. Era un’idea, un sogno, una visione.
Il nostro camper, prima di partire, non era un camper. Era un bisogno, un desiderio di libertà.
E il supporto psicologico alle famiglie con la SLA, prima di diventare il suono di una professionista che suona il campanello di casa, era l’urgenza di un dolore da condividere.

Cosa è successo “nel mezzo”? Cosa ha permesso di realizzare il sogno, di compiere il desiderio, di dare risposta all’urgenza? “Semplicemente”: un progetto.

Progettare significa dare una forma al futuro e organizzarsi per raggiungerlo, trovare le risorse, coinvolgere le persone, superare le difficoltà. È darsi da fare per arrivare alla meta passo dopo passo. Progettare è la parte più faticosa del lavoro, perché richiede tempo ed energie che non sono ricompensate da una visibilità o un riconoscimento immediato.

Oggi, sulla nostra scrivania abbiamo numerosi progetti attivi in quattro ambiti: il turismo accessibile, il supporto per le famiglie con SLA, la ricerca scientifica, il cambiamento culturale. Poi, c’è un cassetto un po’ disordinato, il cassetto dove custodiamo progetti abbozzati e non partiti, progetti ancora in fase di “sogno” che non sono ancora abbastanza maturi o per i quali non abbiamo al momento le energie necessarie.

Mentiremmo se dicessimo che la nostra capacità progettuale è impeccabile: siamo più efficaci che efficienti, abbiamo fatto errori di valutazione e, a volte, ci è capitato di intraprendere un percorso senza che l’obiettivo fosse chiarissimo, o confidando di trovare le risorse necessarie strada facendo. Eppure il progetto è andato avanti: ora “IO POSSO” è una casa che accoglie nelle sue stanze numerosi ospiti, mentre il cantiere è ancora aperto per continuare a costruire e dare ospitalità ancora a tanti.

“Tra l’attesa e il suo compimento
tra il primo tema e il testamento,
nel mezzo c’è tutto il resto
e tutto il resto è giorno dopo giorno
silenziosamente costruire”

(da Costruire di Nicolò Fabi)