Quando analizziamo i dati di fine stagione cerchiamo di fare una foto dei nostri ospiti. Ne emerge un quadro assolutamente variegato: più che la foto di un “ospite medio” emerge un caleidoscopio diversificato e originale.

I dati dicono che in questi primi nove anni di attività abbiamo accolto 1372 ospiti con disabilità. Ciascuno di questi ospiti è stato accompagnato da un proprio nucleo familiare più o meno ristretto, per cui possiamo stimare di aver accolto più di 4000 persone. Sappiamo che questi ospiti hanno un’età anagrafica molto varia, dai 4 ai 94 anni, così come è molto varia la provenienza geografica, con il 60% degli ospiti che proviene da fuori Salento, da ogni parte d’Italia e anche dall’estero (7%). Anche la situazione sanitaria è diversificata, dalle disabilità motorie meno invasive si passa alle paraplegie fino alle persone totalmente immobilizzate con tracheostomia e impianto PEG (10%). E sempre dalle statistiche impariamo che ogni anno c’è una parte di ospiti che ritorna (tra il 45% e il 55%) insieme agli ospiti nuovi. E che ci sono nove ospiti “irriducibili” che vengono in spiaggia dal 2015 e non hanno mai saltato una stagione.

Ma, al di là dei numeri, ci sono i volti.

Perché al di là dei numeri, che pure ci inorgogliscono, ciò che conta per noi è riuscire a dare a ciascuno dei nostri ospiti un servizio di qualità connotato da una relazione cordiale e accogliente. Per noi un ospite non è un “numero neutro”, ma una persona che viene a trovarci portando la sua storia, le sue emozioni, i suoi bisogni, la sua ricchezza. Anche se il numero complessivo è grande, cerchiamo di trascorrere del tempo di qualità con ciascuno dei nostri ospiti, chiacchierando sotto l’ombrellone e conoscendoci meglio. È da questi dialoghi che cerchiamo di capire come migliorare il servizio di accoglienza ed è da questi momenti che nascono delle relazioni che superano il confine dell’estate e creano una piccola comunità.

E, come in ogni comunità, non è possibile che fili tutto sempre liscio e senza problemi. A volte sono nate delle incomprensioni, vuoi perché noi non siamo perfetti, vuoi perché su quattromila persone accolte può capitare qualche persona veramente difficile da accontentare. Ma noi siamo una piccola comunità e in questa prospettiva vogliamo continuare a seminare relazioni e accoglienza.

Per gli antichi Greci l’ospite creava un obbligo di solidarietà, per gli Ebrei l’ospite era segno della visita di Dio, per i Romani l’ospitalità comportava l’obbligo della reciprocità. Per noi iopossini, gli ospiti continueranno ad essere l’unica motivazione a lavorare per un mondo inclusivo e giusto.