Vorremmo fare di più, vorremmo fare meglio.

Per esempio, vorremmo avere ancora più spazio per accogliere più ospiti, più collaboratori capaci di portare avanti i nostri progetti e più risorse per realizzarli. Ci piacerebbe non dover mai dire “Mi spiace, su questo non possiamo aiutarla” ed avere, invece, una risposta pronta per tutto. Vorremmo essere brillanti, al massimo, efficaci. Che ogni ospite delle nostre estati avesse un servizio impeccabile e totale, volontari perfettamente selezionati, formati, ineccepibili e senza cali di entusiasmo. Vorremmo non dover rimandare un progetto a tempi migliori, dare risposte esaustive su tutti i servizi di turismo accessibile, dai trasporti agli alloggi, essere capaci di rispondere a tutti i bisogni di inclusione.

Vorremmo essere sempre così “al top”, carichi di energie e passione, come i primi mesi del nostro sbalorditivo percorso. Non deludere le aspettative sempre più alte che gli ospiti nutrono nei nostri confronti. Non perdere mai la calma e attingere sempre a nuovi sorrisi per ogni persona che incontriamo.

Ma…

Non siamo perfetti. E, tra i tanti bagni che facciamo in mare, è il bagno di umiltà quello più necessario. Abbiamo dei limiti come tutti e lo slogan “io posso” non ha mai voluto intendere di essere onnipotenti. Vuole invece ricordare che il limite non ci spaventa, perché lo scopo non è di essere perfetti, ma quello di aumentare le possibilità, allargando gli orizzonti. Lo vediamo tuti i giorni in spiaggia: quando una persona con disabilità motoria viene da noi, non sta “eliminando” un limite fisico. Ma sta trovando un modo di recuperare un pezzo della sua libertà e dei suoi diritti pur con tutti i propri limiti. Dovremmo ricordarcelo più spesso.

In secondo luogo, riconoscersi limitati porta ad una grande scoperta: la bellezza dell’incontro con l’altro. È insieme agli altri che i limiti vengono gestiti e superati, è nel supporto reciproco che si cresce. I “perfetti” bastano a sé stessi restando soli. Tutti gli altri, fanno dei propri limiti un punto di partenza per cercarsi e supportarsi. È così che “io posso” diventa “noi possiamo”.