“Una spiaggia per disabili? Ma ora pretendono anche il lusso?!”.

Questa frase ci è stata detta veramente. E, ammettiamolo, forse (magari solo per un breve istante…) anche una vocina nella nostra testa ha avuto l’ardore di pronunciarla. Riflettiamoci su.

“Pretendono anche” implica anzitutto la convinzione che siano persone abituate ad avere dei privilegi. Quali? Abbiamo riscontrato che una mentalità diffusa, che guarda con invidia e sospetto ad alcune misure di inclusione sociale: il parcheggio riservato, l’agevolazione per le cosiddette “categorie protette” in ambito professionale, l’aliquota IVA ridotta o la famigerata “pensione di invalidità”. Come mai questo viene visto come un Eldorado di privilegi? Forse chi cade in questo equivoco conosce più le pagine di cronaca e i commenti da bar sui “falsi invalidi” che la reale vita di una persona con disabilità. Sono colpiti da casi (reali, certo) di truffatori dello Stato che intascano benefici a cui non avrebbero diritto facendo carte false, senza conoscere le fatiche quotidiane di chi, per avere accesso a quei servizi in maniera legittima, deve costantemente scontrarsi con burocrazia e incompetenza, lottando con le unghie quasi ad implorare come un favore ciò che una legge ha definito essere in realtà un diritto. E che in continuazione, di taglio in taglio alla spesa sociale, viene decurtato e rimesso in discussione. Altro che privilegio. Fatevi raccontare l’odissea di chi necessita di assistenza domiciliare o di servizi integrativi e deve usare quella famosa “pensione” per pagarli di tasca propria, a rischio della propria sopravvivenza o di una vita dignitosa.

Nella frase “ora pretendono anche il lusso” c’è anche un’ulteriore sfumatura di significato, che potremmo esplicitare così: “Già vi diamo, sopportandovi, tanto, ora state abusando della nostra pazienza!”. Non bastavano, evidentemente, i pregiudizi sulle persone con disabilità come “mostri da evitare” o come “sfortunati da compatire”, quindi se ne aggiunge un altro: i disabili sarebbero “furbi e cattivi” perché oltre ad accaparrarsi privilegi, non fanno quello che dovrebbero, cioè “esserci grati per la nostra magnanimità e starsene buoni in un angolo senza rompere le scatole con altre richieste”.

E poi… quell’uso disinvolto della parola “lusso”.

Se una persona ha una possibilità di andare al mare ed un’altra no a causa di barriere architettoniche ed organizzative, perché mai nel primo caso quella possibilità è “ovvia” e nel secondo caso è un “lusso”? Non si sta mica chiedendo qualcosa in più, semplicemente il disabile sta “recuperando una possibilità” da cui prima era escluso, senza togliere nulla né avere qualcosa in più. Si tratta di ritornare alla pari, non di un lusso. Si tratta del principio di “eguaglianza sostanziale” tra cittadini cui ci richiama la Costituzione che, nell’Art 3, dopo aver affermato la “pari dignità sociale” di tutti i cittadini “senza distinzione […] di condizioni personali e sociali”, prosegue dichiarando l’importanza di rimuovere quegli ostacoli che “limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Questo non è un lusso. Si chiama Diritto.