“J.O.B.” è il nome di un modello di sedia realizzata da un’azienda italiana per permettere alle persone in carrozzina di entrare in mare. Sulle spiagge italiane è così diffusa che spesso il suo nome è usato per antonomasia: si dà per scontato che qualsiasi sedia per l’ingresso in acqua di persone con disabilità sia una J.O.B. “Ce l’avete la J.O.B.?”, “Quante ne avete?”, “Devo portare la mia J.O.B.?” sono domande che gli ospiti ci rivolgono spesso, così come in Terrazza risuona spesso la frase “Prendimi la J.O.B.”.

Quando nel 2015 abbiamo aperto la Terrazza di San Foca, è stata la prima sedia che abbiamo utilizzato ed è proprio con questa sedia che Gaetano e tanti altri ospiti hanno fatto il loro primo bagno in mare. Ma attraverso l’uso quotidiano, l’osservazione e il confronto con i nostri ospiti abbiamo imparato tante cose sugli ausili, anche una cosa che sembra scontata e che è lo scopo di queste righe: così come le persone sono tutte diverse, lo stesso sono le esigenze legate alla disabilità. Gli ospiti che accedono in spiaggia sono estremamente differenti tra di loro in termini di autonomia, corporatura, modalità di movimentazione, necessità posturali, bisogno di assistenza e fruizione del mare. Così, fin dai primi giorni di apertura, abbiamo avuto molto chiaro il bisogno di diversificare la tipologia degli ausili in spiaggia, perché ciascuno trovasse quello più adatto a sé. È per questo che oggi, accanto alle sedie J.O.B., abbiamo le Solemare, le Sofao, le Tiralo, la Hyppocampe, che vanno a fare compagnia alle sedie doccia, al sollevatore manuale, al sollevatore “akuakalda”, …

Ci teniamo a raccontare questo aspetto della nostra spiaggia, perché spesso nell’unica etichetta “disabilità” si raccoglie un calderone di situazioni molto diverse tra di loro, e questo può portare a credere erroneamente che un unico accorgimento o ausilio sia sufficiente a rendere un servizio inclusivo per tutti. In realtà, non basta una J.O.B. a rendere una spiaggia inclusiva, così come non basta una rampa o un pianale ribassato: è l’insieme di tanti aspetti, tanto diversificati quanto integrati, che rende un servizio realmente tale. Quindi, quando un ente pubblico o privato ci chiede un consiglio su come far nascere o gestire una spiaggia inclusiva, sottolineiamo con molta forza l’importanza di rispondere alle esigenze più disparate diversificando gli ausili ed i servizi. Ovviamente questo comporta un maggiore sforzo organizzativo e gestionale, ma se si cerca la qualità del servizio non si può fare diversamente.

È una lezione da imparare per tutti: usciamo dalle categorie generali, osserviamo la diversità della realtà in tutte le sue sfumature e organizziamoci di conseguenza per accoglierla in ogni sua preziosa singolarità.